martedì 13 aprile 2010

Anche la finanza dice no al nucleare

Il governo canta vittoria, dopo il recente viaggio di Berlusconi oltralpe e gli accordi firmati con governo e ditte francesi che si occupano di energia atomica: l'Italia e' nuovamente e felicemente avviata verso l'avventura nucleare.
Ma nei mezzi d'informazione di regime non c'è traccia di uno studio che dimostra quanto sia anti-economica la scelta nucleare, al punto che un privato, da solo, non ci penserebbe nemmeno ad avventurarvisi.
Certo, direte voi, la solita voce fuori dal coro del solito comunista ambientalista di turno. Invece no, questa volta non e' cosi'.
Chi dice che investire oggi in centrali nucleari e' fuori di ogni logica economica, e' una banca, forse una di quelle banche che potrebbe anche ricavarci dell'utile da un investimento cosi' ingente. Si tratta di Citibank, una delle banche piu' importanti dell'Inghilterra (e del mondo).
In uno studio, disponibile qui, dal titolo New Nuclear - The Economics say no, dice in sostanza che i rischi tecnologici e finanziari connessi alla costruzione ed alla conduzione di una nuova centrale nucleare sono cosi' alti per un ente privato al punto da renderlo assolutamente proibitivo.
I rischi maggiori sono 5 e si possono definire in questo modo: pianificazione, costruzione, prezzo dell'energia, conduzione, decommissioning. Attualmente, gli investitori, ai governi dei paesi industrializzati che si vogliono cimentare sulla strada di nuovi impianti nucleari, chiedono assicurazione solo del rispetto dei piani temporali, dimenticando tutto il resto. Paradossalmente, il "planning" e' il rischio finanziariamente meno rilevante, mentre Citibank definisce "corporate killers" (gli ammazza-società) soprattutto la costruzione, il prezzo dell'energia e la conduzione.
Si noti che non vengono presi nemmeno in considerazione altri rischi, quelli a cui siamo abituati noi, diciamo "ambientalisti": il problema delle scorie e la sicurezza stessa dell'impianto (contro le fughe radioattive).

Lo studio stabilisce i costi medi per una centrale nucleare di 1,600 Mw attorno a 5.5 - 6.0 miliardi di Euro, che vorrebbe dire dover vendere l'energia ad un costo di 65 Euro al Mw/ora per un lunghissimo periodo di tempo (da notare che il prezzo medio nel 2009 e' stato di 47 Euro per Mw/ora).

Per quanto riguarda planning e tempi di costruzione, esiste un esempio chiarissimo in Finlandia: la centrale di Olkiluoto 3 (figura in alto) ha visto l'inizio dei lavori nel 2004, con termine previsto nel 2009. Invece è ancora in alto mare, l'ultima previsione dice che la messa in servizio sarà a giugno 2012, con oltre 3 anni di ritardo. Naturalmente, anche il costo previsto e' aumentato, passando dagli iniziali 3.0 miliardi di Euro agli attuali (ancora previsti) 5.3 miliardi (75% in più del previsto). Ma la cosa piu' preoccupante e' che la costruzione dell'impianto non e' nelle mani di qualche azienda del terzo mondo, incapace di rispettare budget e previsioni, ma bensi della francese AREVA, proprio una di quelle aziende con cui il nostro Berlusconi ha siglato fior di accordi.

Un esperto francese del campo, Thibaut Maidelin, dice che una centrale da 800Mw a ciclo combinato a gas costa circa 500 milioni di euro ed e' disponibile dopo 4 anni. Una centrale nucleare col doppio della potenza (1600Mw) costa undici o dodici volte di piu' (5.5 - 6 miliardi di Euro) e richiede almeno 8 anni per la sua costruzione. In caso di ritardo, se la costruzione richiede piu' di 10 anni, l'investimento si traduce in una catastrofe finanziaria. Chiaro che, se a pagare sono i cittadini di uno stato, ...

Forse Berlusconi si sta imbarcando in questa rischiosissima avventura proprio perchè, visti i tempi in gioco, il problema non lo riguarderà di certo e non sarà lui a dover continuare a mettere le mani nelle tasche degli italiani ...

1 commento:

Irlanda ha detto...

Solo un paese retrogrado guarda ancora al nucleare