Credo che almeno mezza Italia abbia assistito al monologo di Benigni l'altra sera, al festival di Sanremo.
Anch'io l'ho fatto e non nego che la performance è stata notevole: Benigni è istrionico e accattivante e quel suo canticchiare l'inno di Mameli, a bassa voce, a luci soffuse, è stato, quasi, ripeto, quasi, commovente.
Ma c'era qualcosa in quei concetti che non mi piaceva, ho sentito delle posizioni, dei concetti che pensavo non appartenessero al popolo di sinistra, al pubblico che generalmente assiste entusiasta alle performance di Benigni.
Percio' mi sono subito collegato a Internet e in Facebook ho subito scritto il mio pensiero: "Benigni sa sempre attirarci con interventi ora divertenti, ora dotti, sempre emozionanti. E forse il particolare momento che viviamo ci porta a considerarci un po' dei novelli carbonari che tramano e combattono per una nuova libertà.
Ma mi chiedo: c'è da vantarsi ad essere italiani? non voglio dire che l'Italia in questo momento non ci merita (anche se è vero), ma ci si puo' vantare di "possedere una nazionalità" ? ci si puo' vantare di essere nati in un determinato preciso punto del pianeta? o non dovremmo piuttosto vantarci, semplicemente, di "esserci", solo in quanto persone vive, individualmente uniche? io sono orgoglioso dei risultati che sono riuscito ad ottenere io, o con l'aiuto di chi mi ha voluto bene, risultati grandi o piccoli che siano, ma non mi sento orgoglioso di essere nato a 300 kilometri da dove è nato Dante o Leonardo, non è un mio merito, è stata solo una fortuita coincidenza ... io la penso cosi'
Benigni è un grande e lo invidio anche un po', ma tutto questo patriottismo io non lo capisco".
Quella sera FB era piena zeppa di commenti entusistici su quanto avevamo appena visto a Sanremo, tutti, destra sinistra e centro (salvo qualche leghista, forse), si sperticavano nelle lodi del ritrovato patriottismo, nell'entusiastica celebrazione della bellezza di essere italiani, dell'orgoglio di essere conterranei di personaggi che hanno conquistato il mondo, con l'arte, con l'ingegno o con la spada.
Francamente ero esterefatto: l'ultima volta che si è sentito il panegirico di Scipione l'Africano, in Italia, credo fu quando il duce annuncio' l'inizio dell'impero italiano, con l'invasione dell'Eritrea e della Somalia. Correva l'anno 1935, XIII dell'era fascista.
Giovedi scorso il coro era unanime, perfino il mio sindaco, buon ragazzo dell'oratorio, twittava al mondo la sua commozione.
Francamente, ero senza parole.
Nessuno si esprimeva a sostegno delle mie tesi, che potete trovare molto argomentate nei commenti seguiti alla mia nota su FB.
Ma finalmente, stasera, scopro che qualcun altro, molto piu' autorevole di me, ha espresso i suoi dubbi sui concetti espressi da Benigni e la cosa, francamente, mi ha risollevato: che abbia anche lui (come Bersani settimana scorsa!) preso spunto dalle mie note? so che non è vero, ma ... non si sa mai