Da vent’anni, infatti, le Camere sono ridotte ad un ruolo marginale nel confronto politico e schiacciate dall’abuso della decretazione d’urgenza e dei maxiemendamenti, dall’uso continuo e strumentale della fiducia, dal contingentamento dei tempi di discussione. Il Parlamento come luogo di rappresentanza, di confronto e di mediazione di interessi reali è ridotto al regno della formalità procedurale (per di più strozzata e velocizzata).
La marginalizzazione del Parlamento
Le statistiche ci dicono che:
– su 10 atti che diventano legge, 8 sono di iniziativa del Governo e solo 2 del Parlamento;
– le leggi di iniziativa parlamentare necessitano del triplo del tempo rispetto ai provvedimenti di iniziativa governativa: 233 giorni contro 109 nell’attuale legislatura
– le iniziative del Governo hanno una percentuale di successo molto più alta rispetto a quelle dei parlamentari: 32% rispetto a 0,87%;
– lo spazio del Parlamento nella produzione legislativa è reso ancor più misero dal ricorso al voto di fiducia da parte del Governo: con Letta nel 27,78% dei casi, con Renzi nel 31,01%; – le leggi più importanti sono di iniziativa governativa: provvedimenti economici, riforme, modifiche costituzionali, politica estera.
Un Parlamento ancora più delegittimato
La riforma aumenterà lo spostamento dell’asse istituzionale a favore dell’Esecutivo. La Camera a cui spetterà dare la fiducia al Governo (la Camera dei deputati) sarà priva di legittimazione popolare, perché eletta con una legge elettorale il cui unico scopo è quello di assicurare comunque una maggioranza artificiale. Ballottaggio, premio di maggioranza alla singola lista, soglie d’accesso e voto bloccato sui capilista, consegnano la Camera nelle mani di un leader vincente anche con pochi voti, secondo il modello dell’uomo solo al comando. Il voto diverrà un plebiscito per il “capo”, che potrà scegliere e disporre liberamente dei parlamentari, interessati a seguire il leader che garantirà loro la rielezione più che a farsi interpreti della volontà popolare. Un incentivo al trasformismo che negli ultimi due anni e mezzo ha già coinvolto 246 parlamentari.
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