venerdì 11 settembre 2009

Rinnovi contrattuali: la moda della partecipazione agli utili ... ed ai rischi

Comincia a farsi strada, sia a livello politico e governativo, sia a livello sindacale, l'idea di legare le retribuzioni dei dipendendti, o almeno gli aumenti contrattuali, a forme di partecipazione agli utili aziendali.
In altri termini, anziche' concedere aumenti di stipendio per contratto, validi per tutta una categoria (ad esempio, i metalmeccanici), trasformare in tutto o in parte l'incremento retributivo in azioni o in diritti di opzione sulle azioni della societa' di appartenenza.
Il tutto, accompagnato da sgravi fiscali e/o contributivi, validi per il lavoratore e per il datore di lavoro (di fatto a carico della fiscalita' generale, quindi di tutti i cittadini).

La proposta viene da Tremonti, subito seguito entusiasticamente da Sacconi, che addirittura promette una legge per fine anno. Con un vincolo, pero', per non scontentare gli industriali: "far partecipare i lavoratori agli utili, non alla gestione".
Aperture quasi euforiche sono subito venute anche da una parte dei sindacati, UIL e UGL, mentre la CISL chiede di contare anche nella gestione e la CGIL rimane molto critica.

La questione e' in effetti ancora molto confusa e bisognera' attendere la proposta di legge del Governo prima di poter giudicare compiutamente. Per ora esiste solo una proposta di legge del Sen. Ichino, che ha cercato di redigere un testo "bipartizan".

Il tema e' comunque molto delicato e discutibile.
Se da un lato e' infatti condivisile agganciare una parte della retribuzione dei lavoratori ai risultati dell'azienda, ad una produttivita' misurabile, e' dall'altro lato incomprensibile liquidare questa quota, che gli spetta, con delle azioni, quindi con una partecipazione al capitale di rischio, per di piu' senza poter in alcun modo partecipare o esprimere un parere sulla gestione dell'azienda. Il dipendente vedrebbe il suo lavoro retribuito con qualche cosa che potrebbe avere un certo valore oggi, la meta' domani, valere zero dopodomani. Mi pare un "raddoppio" del rischio per i lavoratori: se per caso l'azienda fosse in difficolta', potrebbero sia perdere il posto di lavoro, sia veder azzerato il valore dei titoli con cui la loro attivita' e' stata (parzialmente) retribuita.

Ci sono poi una serie di implicazioni che meriterebbero qualche ulteriore approfondimento.

Prima tra tutte: la co-gestione. Se i lavoratori partecipano agli utili (nel bene nel male) devono in qualche modo anche poter conoscere, valutare e discutere le linee industriali e finanziarie, le scelte aziendali che determinano i risultati. Altrimenti, che senso ha? Su questo punto, la proposta Ichino lascia piena liberta' (ci puo' essere o meno), mentre Confindustria ha una chiusura assoluta.

I benifici fiscali: a cosa servono? forse solo per invogliare a scegliere questa modalita' di retribuzione, a cui verrebbero limitati e condizionati, a spese di tutti i cittadini, anche di chi non c'entra. Ma, messa cosi', suona come il solito specchietto per allodole, utile solo ad attirare nella trappola e consentire di spennarti senza troppo soffrire.

I benefici contributivi - pensionistici: anche qui, di chi e' il vantaggio? sempre in attesa di maggiori dettagli, sembrerebbe che la retribuzione sotto forma di utili sarebbe esente da contributi, ma pure non conterebbe per i calcoli pensionistici. Quindi, alla fine, ci guadagnerebbe solo il datore di lavoro; oppure potrebbero contare per la pensione, ma i relativi costi sarebbero ancora una volta a carico della collettivita' intera. Per poi dire: le pensioni costano troppo, cambiamo le regole (in peggio, come sempre).

Ultimo, ma non meno importante: se il lavoratore sciopera, sciopera contro se stesso ? anche questo e' un aspetto interessante ...

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