sabato 16 gennaio 2010

Tramuteranno le loro radici in àncore ...

Tempo fa, in un mio precedente post (che trovate qui), mi occupavo di una risoluzione della Camera fatta per impegnare il Governo a prendere provvedimenti per salvaguardare "le nostre radici".
L'argomento e' sempre stato un mio pallino, perche' mi pare che in questo mondo globalizzato e post-moderno, la difesa ad ogni costo del proprio campanile sia assolutamente anacronistico, oltre che inutile.

Mi sono percio' sembrate quanto mai interessanti ed azzeccate le idee di un grande pensatore, Zygmunt Bauman (nella foto a lato), un saggio 84-enne uscito dalla Polonia negli anni della cortina di ferro ed ora felicemente dimorato in Inghilterra.

L'Espresso n.1 del 2010 ne pubblica un'intervista quanto mai interessante, in cui il filosofo passa in rassegna i principali anacronismi di un societa' in trasformazione, dove - citando Gramsci - "il vecchio sta morendo, ma il nuovo non è ancora nato". Valori come solidarietà, fratellanza, uguaglianza, fondamenta del mondo (occidentale) moderno, non sono più in voga e stentano a trovare dei sostituti, se non semplici reazioni alla paura ed all'insicurezza che l'assenza di questi valori produce.
Dice ancora Bauman: "oggi il vecchio che sta morendo è l'ordine mondiale sostenuto dalla triplice formula Stato, Territorio, Nazione. Nessun territorio, oggi, puo' aspirare alla piena sovranità statuale. Di più, è assurdo pensare alla stessa idea di unità nazionale in un pianeta costellato da arcipelaghi di diaspore. E perfino i governi delle grandi potenze fanno finta di essere sovrani, solo per illudere o consolare i loro elettori. La recente visita di Barak Obama in Cina, assomigliava ad un'udienza di un cliente presso il direttore di una banca."

Ma l'intuizione piu' interessante di Bauman, a mio avviso, e' questa: "alla metafora delle radici, preferisco la metafora dell'àncora, perche' l'àncora la puoi buttare giù e tirare su quando vuoi, senza danno per la nave."

E' bello paragonarci a delle barche solo provvisoriamente ancorate in un punto, in una baia. Godere del panorama e della posizione. Altri possono fare altrettanto, avvicinandosi e buttando l'àncora presso a noi. Noi o gli altri possiamo, in un qualsiasi momento, tirar su l'àncora e spostarci da un'altra parte.
Se fossimo capaci di vedere gli altri cittadini di questo piccolo mondo come dei viaggiatori, come siamo noi, temporaneamente presenti in un luogo, ma non proprietari esclusivi di quel luogo (tra l'altro, verrà il giorno in cui lo dovremo abbandonare forzatamente), sarebbe molto più facile la convivenza, la comprensione, la solidarietà, l'integrazione.

Temo però che non sarà nemmeno il 2010 a vedere realizzato questo sogno



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