martedì 12 maggio 2009
Referendum: lettera di Guzzetta agli elettori del centro-sinistra
Pubblico una lettera aperta scritta da Giovanni Guzzetta, Presidente del Comitato per il referendum elettorale, per spiegare le ragioni del SI agli elettori del centro sinistra
Fabio
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Care elettrici e cari elettori del centrosinistra,
sul referendum del 21 giugno ci sono, legittimamente, posizioni diverse. Soprattutto dopo l’annuncio del Presidente Berlusconi che voterà sì. Esse confermano la natura trasversale del movimento referendario. Sono differenze di merito, non legate all’appartenenza di schieramento, ma al merito della questione. Con moltissimi di voi nel 2007 abbiamo raccolto le firme dietro ai banchetti. E’ stato un momento di grande coinvolgimento civile, che ci ha consentito di raggiungere la quota di sottoscrizioni 820.916.
L’Italia ha bisogno di riforme. In particolare di riforme istituzionali che siano la precondizione perché la politica offra soluzioni effettive ai problemi del Paese. Oggi, invece, la politica è ancora troppo occupata nelle migliaia di beghe legate ai microinteressi di partito, se non di corrente, all’interno dei partiti. Oggi la politica è inconcludente e ciò che riesce a fare è frutto della pressione dell’emergenza. E lo fa con gli strumenti dell’emergenza. Il Parlamento è uno spettatore inerme e, sostanzialmente, non esercita più né la funzione legislativa né quella di controllo. L’opposizione, quale che essa sia, non ha strumenti adeguati di vigilanza. I dibattiti sono delle stanche liturgie.
In questi anni il nostro sistema politico è cambiato. Sono nati due grandi partiti che al momento raccolgono più del 70 % dei consensi degli elettori. Le altre minoranze sono garantite tanto quanto nelle altre democrazie avanzate.
Siamo sulla buona strada. Molto c’è ancora da fare. A cominciare dalla democrazia interna ai partiti.
A nostro modo di vedere, i problemi istituzionali sono fondamentalmente due. I governi di coalizione e la totale privazione dei cittadini del potere di scegliere le persone. Sulla scheda elettorale non troviamo nessun nome, ma soltanto simboli di partiti coalizzati tra di loro.
I governi di coalizione sono un male perché assegnano ai partiti, anche minuscoli, che li compongono, il potere di ricattare il resto della maggioranza. Lo abbiamo visto in modo drammatico con il governo Prodi della scorsa legislatura. Lo vediamo oggi nei rapporti conflittuali tra lega e PDL. E, con l’approssimarsi delle elezioni, sarà sempre peggio. Perché ogni partito pur nella stessa coalizione correrà per sé, contro i suoi stessi alleati. Una situazione assurda.
Che il Parlamento sia fatto di nominati è uno scandalo talmente grande che non abbisogna di molte parole. Basta una domanda: se i parlamentari non rispondono ai cittadini, ma alle cinque o sei persone che li hanno nominati, perché mai dovrebbero fare gli interessi dei cittadini?
In questo sistema trionfano i partiti. Ma partiti di fatto irresponsabili, in cui i vizi prevalgono sulle virtù. Che pensano alle rendite di posizione, più che ad offrire una visione per il paese.
C’è una lunga tradizione di governi di coalizione in Italia fin dall’unità d’Italia. Le più importanti personalità dell’Assemblea costituente, nell’immaginare l’organizzazione dello Stato, si rammaricavano di questa circostanza pur riconoscendone, in quel momento, l’ineluttabilità. Parlo di uomini come Mortati, Calamandrei, Einaudi, Moro, Ruini, Ambrosini, Tosato e tanti altri.
Costantino Mortati ad esempio si doleva che in Italia non potesse essere introdotto un sistema di tipo inglese, “perché mancano in Italia i presupposti necessari per un buon funzionamento di un tal regime (manca la dualità di partiti; manca la disciplina di partito) e il popolo non potrebbe fare designazioni nette che orientassero nella scelta del Governo”. E Calamandrei individuava così il problema dell’Italia: ”come si fa a far funzionare una democrazia che non possa contare sul sistema dei due partiti, che, in Italia, in questo momento non esiste e che ancora per qualche tempo non esisterà, ma che deve invece funzionare sfruttando o attenuando gli inconvenienti di quella di pluralità dei partiti la quale non può governare altro che attraverso un governo di coalizione?” Perché, aggiungeva, “E’ il governo di coalizione che non ha coesione, che si frantuma”. E come dargli torto guardando all’instabilità, alla lentezza, ai mercanteggiamenti continui della politica.
Oggi noi siamo a un passo dal realizzare quel sogno che i costituenti dovettero per necessità abbandonare. Il sogno di una democrazia semplice, nella quale, fatta salva la rappresentanza delle minoranze, la competizione si svolga tra due grandi partiti. Un sistema nel quale gli elettori scelgano una persona, un partito e un Premier.
Il referendum è stato promosso con questo obiettivo: adeguare le istituzioni ad una spinta che esiste già nella società. E’ questo ciò che gli italiani nella stragrande maggioranza vogliono, e lo hanno dimostrato in ogni occasione, quando hanno urlato la loro richiesta di unità negli schieramenti. Altro che bipartitismo coatto!
I tanti benpensanti immobilisti della nostra politica oggi paventano il rischio di un esito che incoronerebbe Berlusconi imperatore. Facendo finta di non sapere che l’attuale legge, così com’è, già prevede che il partito di Berlusconi, come qualunque altro, potrebbe già andare da solo.
Non so se Berlusconi abbia bisogno del referendum. Certamente ne ha bisogno quel centrosinistra, che negli ultimi cent’anni ha coltivato la malattia del frazionismo e dello scissionismo più di chiunque altro.
Constatare, dopo la batosta delle ultime elezioni politiche, che la sinistra del PD è riuscita nuovamente a dividersi pure per le europee, la dice lunga sulla gravità del male.
I tanti autorevoli sostenitori del referendum nel centrosinistra e nel centrodestra dimostrano come questo movimento non sia nato per favorire qualcuno, ma per propiziare quel cambiamento di cui l’Italia ha gran bisogno. Ma ve li immaginate Obama o Gordon Brown che andassero di fronte al paese dicendo che la politica che vogliono realizzare è loro impedita da un alleato dell’uno o dell’otto per cento?
Dico a voi, così come ho detto agli italiani di ogni schieramento: non fatevi convincere da chi profetizza imminenti dittature, soltanto per conservare lo status quo. Non fatevi travolgere dalla “sindrome dei perdenti” di chi dice che con il maggioritario il centrosinistra non andrà mai al governo. E allora tanto vale adoperarsi per un sistema elettorale in cui nessuno può vincere, così poi tutto si rinvia al mercato sulla formazione dei governi in Parlamento.
Coltivate anche voi l’ambizione che le vostre idee non rimangano pura testimonianza, ma si trasformino in soluzioni di governo, scelte dai cittadini e liberate dal ricatto dei nanetti-parassiti. Così come avviene nelle grandi democrazie dell’alternanza. L’Italia si merita di più dei profeti di sventura, interessati a sopravvivere gestendo l’esistente.
Giovanni Guzzetta
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