Lo riporto perciò qui di seguito, magari qualcuno passa di qua e trova qualcosa di sensato, oppure mi cancella definitivamente dalla lista delle sue conoscenze.
In ogni caso, mi piacerebbe avere qualche feedback, perciò, se ne avete voglia, lasciatemi un commento.
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Congresso di circolo – Cernusco sul Naviglio – 26 ottobre 2013
Molti, tra i miei
amici, mi stanno chiedendo perché mi sono iscritto al PD: forse da me non se l’aspettavano.
Voglio perciò cogliere questa importante occasione per dare, anche
pubblicamente, una risposta, che è poi quella che sto dando ai miei amici.
Mi sono iscritto
al PD perchè il PD non mi piace. Detto così potrebbe sembrare un paradosso, o
al massimo una battuta. Invece è esattamente quello che penso: questo
PD non mi soddisfa. Ma penso anche che solo il PD, in questo momento, abbia
le potenzialità per diventare quello che io mi prefiguro come “il partito
modello”, non ce ne sono altri, per vari motivi. Perciò sento che, se voglio
provare a dare il mio piccolo contributo, è qui che devo venire.
Cerco di
sintetizzare in due minuti il mio punto di vista.
Io penso che il
primo e più importante problema della politica italiana sia la mancanza di una
regolamentazione dei partiti. L’art.49 della Costituzione sancisce che i
partiti sono indispensabili, ma non ne richiede una regolamentazione per legge,
come fa invece su altri argomenti e come eminenti padri costituenti chiedevano
(da Mortati a Calamandrei). Solo per fare un esempio, il Codice Civile ha
decine di articoli che stabiliscono come deve funzionare un’assemblea di
condominio, ma nulla si dice di come deve funzionare un partito, che ha nelle
sue mani la gestione del “condominio Italia”. Il “metodo democratico”
(richiesto dalla Costituzione), il rispetto delle minoranze, il processo
decisionale all’interno dei partiti devono essere scritti e congruenti con
principi di legge chiari e non eludibili, per poter rappresentare i cittadini.
Credo che una
legge di questo tipo dovrebbe servire ad un scopo principale: rompere
l’abbraccio tra “partiti” e “istituzioni”. Le due cose sono ontologicamente
distinte, la loro funzione è diversa e i due ambiti devono restare separati.
Cosi’, il primo
punto su cui vorrei il Partito Democratico prendesse una chiara posizione è
questo: chi ricopre ruoli istituzionali (dal capo dello stato, al capo del
governo, i ministri, assessori, sindaci e consiglieri di tutti i livelli) non può contemporaneamente ricoprire
ruoli “di parte”, cioè ruoli importanti all’interno dei partiti, proprio perché
non si possono rappresentare “tutti i cittadini” essendo contemporaneamente
“responsabili di una parte”. Gli esempi non mancano, dentro e fuori il PD:
Maroni (Lega e Lombardia), Vendola (SEL e Puglia), Alfano (Ministro e PDL). Per
non parlare di Renzi, candidato segretario nazionale e intenzionato a
ripresentarsi per il secondo mandato come sindaco di Firenze.
Secondo punto: i doppi incarichi: chi ricopre un
incarico di tipo istituzionale (elettivo o di nomina politica), non puo’ occupare
e nemmeno candidarsi ad altri dello stesso tipo. Una lista di esempi si può trovare qui.
Terzo: il rispetto del mandato. Chi è stato
eletto ad un ruolo istituzionale, non può (provare) a lasciarlo (interromperlo)
per candidarsi e ricoprirne un altro.
Tutte queste
questioni sono totalmente assenti dai programmi dei candidati, sia per il
provinciale, sia per il nazionale. So che direte che queste sono questioni
secondarie: si è sempre fatto così, i problemi importanti sono altri, bisogna
occuparsi dei problemi veri del paese. Io non ne sono convinto: è inutile
preparare un programma politico che potrebbe andar bene per un candidato al
governo (di una provincia o di un paese), senza dire nulla di come si intende
far funzionare il partito, perché il processo decisionale interno è più
importante e viene prima delle stesse decisioni che si prenderanno. Io, da
candidati alle segreterie, mi aspetterei impegni di questo tipo, non sul cuneo
fiscale, la lotta all’evasione o la città metropolitana, aspetti sui quali è il
partito intero, nella sua funzione prioritaria, che elabora un programma ed una
proposta.
Quanto questi
principi siano distanti dal vissuto di questo partito lo dimostra la
composizione delle liste per queste elezioni provinciali: 5 sindaci, 4 deputati
o senatori, 6 consiglieri regionali, provinciali o assessori, 17 consiglieri
comunali o di zona (totale 32) solo tra i 52 capilista (4 candidati x 13
collegi). Per me è una enorme contraddizione per un partito che vorrebbe
proporsi come il rottamatore della vecchia politica.
Un ultimo accenno,
a riguardo della “forma partito” che mi sentirei di proporre.
Un partito cambiato, rispetto alla forma in vigore, non si occupa di carriere, non investe sui candidati, non ha neppure la smania di vincere perchè è solamente un luogo di dibattito, partecipazione dei cittadini e proposta di programmi e candidature, a cui si arriva “con metodo democratico”.
In questo modello i partiti sono comunque necessari, ma non dovrebbero travalicare le due funzioni vitali che devono svolgere:
Un partito cambiato, rispetto alla forma in vigore, non si occupa di carriere, non investe sui candidati, non ha neppure la smania di vincere perchè è solamente un luogo di dibattito, partecipazione dei cittadini e proposta di programmi e candidature, a cui si arriva “con metodo democratico”.
In questo modello i partiti sono comunque necessari, ma non dovrebbero travalicare le due funzioni vitali che devono svolgere:
·
preparare
programmi e candidature
·
consentire
uno spazio autenticamente libero alle idee e ai progetti dei cittadini
E’ molto
istruttivo a questo riguardo, il libro di Fabrizio Barca, “La Traversata”, di
cui consiglio vivamente la lettura a chi non l’ha ancora fatto, perché mi pare
ci sia molta strada da fare in questa direzione.
È fuori di ogni
dubbio che la situazione su questi aspetti in tutti gli altri partiti è
peggiore, e anche di molto in alcuni casi, rispetto al PD, ma questo non
può bastare per consolarci ed a farci sentire a posto. Spero che la campagna
elettorale per la segreteria nazionale serva almeno a far nascere un dibattito
su questi temi, in modo che il nuovo segretario possa recepirli e, spero, cominciare
a lavorare per un percorso di cambiamento vero.
Grazie
Fabio
1 commento:
Ormai è un meccanismo collaudato, non solo partitico, ma culturale e istituzionale, quello di non lasciare spazio ad interventi "alternarivi". Da tutti me lo sarei aspettato, noi da questi. Ma tanto cosa cambia? Sono anni che non si fanno dibatti pubblici. Perchè lamentarci? Perchè piangere se poi ci si allontana dalla politica. Tutti uguali sono: quando sono là.
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