venerdì 14 maggio 2010

I partiti in Italia: IDV e la democrazia che non c'è

Imperversa la bufera sui partiti italiani: il PDL è sconquassato da diatribe interne, scandali e arresti, il PD dai dubbi organizzativi, "primarie si, primarie no", IDV da lotte intestine che chiedono più democrazia interna.

Lo Stato, inteso come insieme delle leggi e dei sistemi di garanzia della democrazia, regolamenta ogni minimo aspetto della vita delle persone, sia fisiche sia giuridiche. La Costituzione, i codici civile e penale e tutte le altre leggi dello Stato stabiliscono regole e sanzioni per le persone, per le società personali o di capitali, per le associazioni, prevedendo pene e ammende per chi non si comporta secondo le leggi.
Quindi, mentre sappiamo, fin nei minimi dettagli, come deve svolgersi la vita in un condominio, niente invece ci viene detto per i partiti: come devono organizzarsi, su quali principi e quali regole devono fondarsi, quali garanzie devono assicurare. Niente di niente. Eppure la Costituzione stabilisce che i partiti sono gli attori e gli strumenti per la vita democratica della Repubblica, i soggetti attraverso i quali i cittadini partecipano e gestiscono lo Stato, la cosa pubblica. Qualcosa di piu' grande e rilevante di un condominio, mi pare.

Sulla base di queste considerazioni, ho voluto approfondire la conoscenza delle regole e degli statuti che ogni partito, in piena autonomia, ha voluto darsi. La situazione che ne emerge, a mio avviso, è preoccupante: altro che paladini della democrazia, spesso i partiti sono strumenti, blindati e inattaccabili, nelle mani di pochissime persone, a volte anche di una sola. Con anche, a volte, regole e organizzazioni al limite della legalità. Almeno per quanto io ne capisca.

Comincio da quello che mi pare l'esempio piu' emblematico ed eclatante: l'Italia dei Valori. Alla faccia della sua immagine di strenuo e quasi unico difensore della legalità, contro i soprusi e le leggi "ad personam" del governo e di Berlusconi, il partito è organizzato come una proprietà privata, con tanto di filo spinato e accessi blindati, nelle mani di un unico proprietario: Antonio Di Pietro.
In pratica, IDV è strutturato come una associazione, composta da 9 persone (nella precedente versione erano addirittura 7), definita "Ufficio di Presidenza". Queste persone, sostanzialmente tutte di nomina del Presidente (= Di Pietro) sono le uniche abilitate, per statuto, a modificare lo statuto stesso. Tra queste, vi è il Tesoriere (Silvana Mura), unico autorizzato a chiedere e incamerare i rimborsi elettorali. Quindi, potere e soldi (pubblici) sono saldamente nelle mani di pochissimi, anzi di una sola persona: il Presidente.
Al di sotto si questa "cellula plenipotenziaria", vi è il partito, con le sue strutture territoriali, ma (Art.3) con "propria responsabilità amministrativa, finanziaria, contabile, fiscale e civile" e senza poter "in alcun modo vincolare o impegnare il partito nazionale" (cioè l'associazione di cui sopra). Quindi è come se il partito territoriale fosse costituito di entità separate, con propria autonomia anche finanziaria (vivono infatti delle tessere, che non vengono versate al livello nazionale, per non avere alcun legame vincolante) e che ricevono di volta in volta l'autorizzazione (anche formale e a tempo determinato) per "concorrere alle competizioni elettorali" e per poter utilizzare il simbolo del partito, detenuto formalmente dal Presidente (= Di Pietro). L'ufficio di Presidenza (l'associazione di cui sopra) puo' sciogliere qualsiasi struttura territoriale, in caso di "grave violazione dello Statuto nazionale o delle direttive di ordine generale impartite". Della serie: o fai come dico io, o ti elimino.
Le assemblee territoriali (secondo i regolamenti approvati dall'ufficio di Presidenza) eleggono dei "delegati", che, assieme a (quasi) tutti gli eletti nelle liste del partito, partecipano al Congresso (da tenere ogni 4 anni), che a sua volta elegge il Presidente del partito. Questo è l'unico barlume di democrazia interna, anche se, per come sono andate le cose all'ultimo congresso (febbraio 2010), pare che alle minoranze non sia dato praticamente alcuno spazio: le varie mozioni sono state presentate in 5 minuti, senza discussione e senza votazione. Il presidente (= Di Pietro) e' stato eletto per acclamazione.

In conclusione, mi risulta difficile immaginare come una struttura così centralistica, così personalistica, basata sul carisma di una singola persona, possa parlare, coerentemente e convintamente, di democrazia, di come proteggerla e di come favorirla. Non capisco poi come personalità di spicco, famose e rispettabili per la loro storia e le loro azioni, possano convintamente far parte di un partito così spudoratamente contraddittorio nell'applicazione delle piu' basilari regole della trasparenza, della correttezza e della democrazia. In ultimo, purtroppo, non mancano gli esempi, anche recenti - vedi la questione sui referendum sull'acqua pubblica - per confermare i sospetti che alla fine tutto si faccia e si muova per incamerarsi i rimborsi elettorali, una montagna di milioni di Euro, che escono dalle nostre tasche, approfittando della buona fede e della speranza di cambiamento della gente.
Ma se questa è la parte che vorrebbe candidarsi ad essere "la migliore", che ne sarà del resto?
L'appuntamento è a tra poco, per l'analisi delle regole di qualche altro partito. Augurandoci "buona fortuna".

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